Santa Lucia! Il giorno più corto che ci sia… Ma sarà vero?

Santa Lucia! Il giorno più corto che ci sia… Ma sarà vero?

Ciao a Tutti!

 

 

Stiamo arrivando a Natale….

 

 

Il Solstizio invernale è alle porte…..

 

 

Santa Lucia è si avvicina e l’inverno comincia ad arrivare….

Per cui:

Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia!

Ma è proprio vero?

Contrariamente a quanto si pensi non è a Santa Lucia (il 13 dicembre) il giorno più corto dell’anno, ma, il 21 o 22, quando si verifica il Solstizio d’Inverno.

Eppure i detti popolari non sbagliano mai!

E neanche stavolta hanno tutti i torti… perché, in effetti un po’ di verità nel proverbio c’è! Una volta, diversi secoli fa, era così!

Ma non è che una strana e disastrosa congiunzione planetaria abbia sovvertito l’asse terrestre e cambiato il corso delle stagioni!

La colpa è nostra! Abbiamo semplicemente cambiato il calendario!

Il detto “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia” risale a quando, prima del 1582, la sfasatura fra calendario civile e calendario solare era tanto grande che il Solstizio cadeva proprio fra il 12 e il 13 dicembre, rendendolo, quindi, veramente il giorno più corto dell’anno.

Infatti il calendario Giuliano, risalente all’epoca dei romani, con tutte le sue approssimazioni aveva portato nei secoli ad uno sfasamento eccessivo tra il calendario e la realtà astronomica.

Nel 1582 Papa Gregorio XIII riformò il calendario alla luce di più moderne ed accurate accurate osservazioni astronomiche e fu deciso d’imperio che si passasse al nuovo calendario, detto appunto Gregoriano, abolendo i 10 giorni di ritardo che esistevano, passando direttamente dal 4 Ottobre al 15 Ottobre, togliendo cioè i 10 giorni di sfasatura accumulati negli oltre 10 secoli precedenti.

Dal che nasce la classica domanda trabocchetto agli esami di storia: “Cosa successe a Roma il 10 ottobre 1582?

Nulla! Perché questo giorno non è mai esistito!

Il solstizio passò, così, al 21-22 dicembre (quest’anno, il momento esatto del Solstizio d’inverno cade nella data del 22 dicembre, alle ore 03.27 U.T.C. (Tempo Universale Coordinato, sarebbe l’ora di Greenwich), in pratica alle ore 04.27 del 22 Dicembre in Italia, ma la festa della Santa rimase sempre al 13 dicembre pur non rappresentando più il giorno più corto dell’anno!

E’ da notare che il Calendario Gregoriano non fu subito accettato da tutti i popoli (l’Italia, per il passato, anche se sotto la forma del Papato o del nostro Regno Borbonico è stata sempre all’avanguardia!). Nei paesi nordici, invece, che l’adottarono circa duecento anni più tardi, il solstizio continuò a cadere il 13 dicembre.

Comunque, dalle parti nostre, anche se il calendario non aveva più “rispetto” per Santa Lucia sono rimasti i proverbi che menzionano un “falso” aumento della durata del giorno dal 13 dicembre in poi:

A Santa Lucia ‘nu passe ‘e gallina

che poi continua con

E a Sant’Aniello ‘nu passe ’e pecurielle!

per ricordare che a Santa Lucia (13 dicembre) la giornata si allunga un pochino, di un piccolo passo di gallina, ma che il giorno dopo, il 14 dicembre (Sant’Aniello), già si allunga di un più grande passo di agnellino (pecuriello)!

I detti antichi non sbagliano mai!

Per rimanere in tema, ricordateVi che dalle nostre parti (Napoli), qualora a Sant’Aniello (14 dicembre) la Vostra compagna fosse incinta non dovete assolutamente svolgere alcuna attività lavorativa in questa giornata, altrimenti il nascituro avrà i più gravi ed inimmaginabili difetti fisici collegati con la Vostra attività e gestualità.

In particolare, recita ancor meglio un altro proverbio:

A Sant’Aniello nun tucca’ ne forbice ‘e ne curtiello 

altrimenti il nascituro potrà avere mutilazioni agli arti con i suddetti, taglienti, attrezzi!

Oppure, assolutamente non si devono arrotolare gomitoli di lana o altro, altrimenti la creatura verrebbe al mondo con il cordone ombelicale attorno al collo…….

Lucia ( da Lùcia, femminile di Lùcius, la cui radice è lux lucis, luce) in origine significava “nata nelle prime ore del mattino”. In tardo greco (la lingua parlata nella Sicilia orientale) divenne Lukìa e in ambiente cristiano venne a significare luce spirituale, ma anche luce fisica perché, appunto, con il 13 dicembre (dei secoli scorsi) i giorni si cominciano ad allungare dando spazio alla luce. Il Martirologio Geronimiano riporta la data della morte di Santa Lucia proprio il 13 dicembre.

Privo di ogni fondamento, ed assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al secolo XV, è l’episodio popolare di Lucia che si strappa gli occhi per non cedere al peccato. La raffigurazione classica della Santa prevede la figura della stessa (con gli occhi al loro posto sul viso) insieme agli occhi posti su una coppa o su di un piatto ed è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l’ha sempre invocata come protettrice della vista a motivo del suo nome Lucia (da Lux, luce).

Ancora, la sua iconografia vede spesso gli occhi accompagnati dal pugnale conficcato in gola. Il motivo di questa raffigurazione risiede nel racconto dei cosiddetti Atti latini che descrivono la morte di Lucia per jugulatio piuttosto che per decapitazione, com’è più noto.

Torniamo al Solstizio…….

Allora… Tra qualche giorno è il 22 Dicembre…  il Solstizio d’inverno!

In tanti sono convinti che il solstizio d’inverno cada sempre il 21 dicembre, ma non è affatto così. Questo perché bisogna fare una distinzione fra l’Anno Solare su cui è basato il Calendario Gregoriano e l’Anno Siderale che dura 365 giorni, 6 ore, 9 minuti, 10 secondi. Il calendario che utilizziamo è lungo 365 giorni per semplificare, questo però fa sì che vengano lasciate fuori circa sei ore ogni anno. Questo ritardo con il tempo si accumula, causando una oscillazione del solstizio d’inverno fra il 21 e il 22 dicembre. Ogni quattro anni avviene poi una sorta di “recupero”, aggiungendo un giorno a febbraio.

Questa è la notte più lunga dell’anno! Fra qualche giorno, finalmente, le giornate si allungheranno e ci avvieremo verso la “bella” stagione!

Nel Solstizio il piano dell’equatore celeste e dell’eclittica (il percorso apparente del Sole in cielo) saranno alla massima distanza.

Nel nostro emisfero questo corrisponde alla minima altezza annuale del Sole sull’orizzonte. Poi, con calma, ci avvieremo verso l’equinozio di primavera (uguale durata di giorno e notte) che è atteso, in Italia, per il 20 marzo 2024 alle ore 03.06 U.T.C. 

Come già abbiamo avuto modo di ricordare, il termine solstizio deriva dal latino “SOL STAT”, “il sole si ferma”. In queste giornate, infatti, il sole, arrivando alla sua massima altezza, sembra fermarsi e indugiare più a lungo in cielo prima di riprendere il suo lento cammino all’inverso.

Il Sole e il suo simbolo, il fuoco, sono al centro di tutte le religioni e di tutte le civiltà, rappresentando le divinità positive da contrapporre a quelle negative delle tenebre. In ogni epoca, cultura, religione i solstizi, d’inverno o d’estate, sono ricchi di festeggiamenti e celebrati con falò, rituali magici e religiosi.

Il culto del “Sol Invictus” e del successivo Natale si intrecciano. Letteralmente Natale significa “nascita“.

La festività del “Dies Natalis Solis Invicti” (“Giorno di nascita del Sole Invitto”) veniva celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il Solstizio d’inverno: la “rinascita” del Sole.

Infatti nell’emisfero nord della Terra tra il 21 e il 24 dicembre il Sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore).

In termini astronomici, in questo periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano, cioè, la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il Solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al Solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del Solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo-quarto giorno successivo. Il Sole, quindi, nel Solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole in quanto a luce e calore e pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale“.

Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.

Il Sole è stato sempre presente in tutte le culture, anche preistoriche, come il Salvatore, come l’origine di tutto. D’altronde, è stato subito evidente come tutto dipendesse da lui. Ogni giorno, sorgendo, porta la vita, il calore, la sicurezza. Senza di esso il grano non crescerebbe e l’Uomo non sopravviverebbe. E’ chiaro che fosse subito riconosciuto come il Dio per eccellenza, da cui tutto dipende. Il culto del Sole che vince, che rinasce è stato fondamentale da sempre, anche se antropomorfizzato.

Tutti questi simbolismi e gli altri collegati: nascita, morte, 3 giorni, crocefissione, la vergine, i 12 apostoli etc. trovano validi riscontri nell’astronomia e nelle tradizioni e, se volete, potremo approfondirli successivamente. L’importante è capire perché tutti i popoli abbiano scelto questa figura di Dio Salvatore che nasce in questi giorni di transizione astronomica verso una nuova “vita” e percorso.

E veniamo, finalmente, al nostro consueto, ormai, appuntamento con le note… D’altronde, la Musica è l’Armonia delle Stelle…

Secondo Voi, potevo non proporVi………. “Santa Lucia luntana”?

Santa Lucia luntana“, celeberrima canzone napoletana, fu scritta da E. A. Mario nel 1919 ed è dedicata ai tantissimi emigranti napoletani che partivano dal porto di Napoli alla volta di terre assai lontane (quasi sempre alla volta delle Americhe). Il testo, infatti, è ispirato ai sentimenti che questi provavano allontanandosi dalla terraferma, imprimendo negli occhi di lacrime il pittoresco panorama del borgo di Santa Lucia, ultimo scorcio della loro terra che riuscivano a vedere, sempre più piccolo, all’orizzonte.

La canzone, vista anche la firma, divenne subito un successo non solo popolare e fu molto sentita a livello sociale perché portava alla luce la realtà dell’emigrazione, un fenomeno fino ad allora misconosciuto dalla cultura ufficiale. La canzone fu inclusa (nei cinema come accompagnamento dal vivo, al piano, per lo più) nella colonna “sonora” del film muto italiano Napoli che canta del 1926 ed è alla base della trama dell’omonimo film sonoro, stavolta americano, Santa Lucia Luntana del 1931. Ovviamente non poteva mancare nell’opera teatrale “Carosello Napoletano” del 1950 (un musical ante litteram, tutto “made in Naples”) e nella successiva omonima versione cinematografica a colori del 1953. In tempi più recenti  la ritroviamo anche nel film di Pasquale Festa Campanile “L’emigrante” del 1973 con Adriano Celentano.

Partono ‘e bastimente

pe’ terre assaje luntane…

Cantano a buordo:
so’ Napulitane!
Cantano pe’ tramente
‘o golfo giá scumpare,
e ‘a luna, ‘a miez’o mare,
nu poco ‘e Napule
’lle fa vedé…

Versi struggenti e passionali del nostro E.A. Mario, pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta (Napoli, 5 maggio 1884 – Napoli, 24 giugno 1961) che è stato paroliere e compositore, autore di numerose canzoni di grande successo, anche in italiano, come la famosissima “La canzone del Piave”. Di esse, quasi sempre, scriveva sia i testi che la musica.

E’ sicuramente da annoverare, insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo e Libero Bovio, tra i massimi esponenti della canzone napoletana della prima metà del Novecento ed uno dei protagonisti indiscussi della canzone italiana dal primo dopoguerra agli anni cinquanta, sia per la grandissima produzione, dovuta alla sua felice ed inesauribile vena poetica, che alla qualità delle sue opere.

Il futuro E.A. Mario nacque  a Napoli da una modesta e povera famiglia originaria di Pellezzano (SA), in un basso di Vico Tutti i Santi, in uno dei quartieri più popolari della città, la Vicaria.

Il padre, Michele Gaeta, era barbiere e proprio grazie a questo lavoro paterno, un giorno si trovò per le mani un vecchio mandolino dimenticato nel negozio da un posteggiatore e da lì cominciò, da autodidatta, ad innamorarsi della musica, raggiungendo le vette di cui sopra. Seppur valente musicista quando lo chiamavano ”Maestro” si scherniva sempre e ripeteva di non esserlo. Invero, seppur valente strumentista, non aveva la padronanza piena della scrittura musicale per cui, come già il grande Raffaele Viviani, dopo aver composto una melodia la suonava ad un amico musicista “ufficiale” per farla trascrivere su carta…

Lo vedete nella foto del 1925, con il mandolino, insieme alla grande interprete napoletana Elvira Donnarumma.

Nel 1904, nella pubblicazione della sua prima canzone in lingua napoletana, intitolata Cara mamma, Giovanni Gaeta adottò per la prima volta lo pseudonimo di E.A. Mario, che gli avrebbe poi portato tanta fortuna facendolo diventare famoso in tutto il mondo con le sue canzoni. La “E” deriva dal suo primo pseudonimo Ermes (o Ermete), “A” fu scelto come segno di riconoscimento e stima verso Alessandro Sacheri, giornalista e scrittore, suo amico fraterno che gli pubblicò i primi lavori di scrittore. “Mario” stava ad indicare il patriota Alberto Mario, che fu suo idolo nella giovinezza, trascorsa con grande passione Mazziniana e, forse, anche perché gli piaceva lo pseudonimo con il quale si firmava la poetessa polacca, direttrice del periodico Il Ventesimo di Bergamo Maria Clarvy.

Nel 1918, nella notte del 23 giugno, poco dopo il termine della battaglia del solstizio (d’estate….), in seguito alla resistenza e alla vittoria italiana sul Piave, scrisse di getto i versi e la musica de La leggenda del Piave, che gli procurò subito una grande notorietà. La canzone servì a risollevare il morale dei soldati, e lo stesso comandante in capo Gen. Armando Diaz gli telegrafò per fargli sapere che la sua canzone era servita a dare coraggio ai nostri soldati e ad aiutare lo sforzo bellico più di un generale. La canzone fu considerata una sorta di inno nazionale, poiché esprimeva la rabbia e l’amarezza per la disfatta di Caporetto e l’orgoglio per la riscossa sul fronte veneto. Infatti, nel periodo costituzionale transitorio durante la fase conclusiva della seconda guerra mondiale, la canzone fu adottata provvisoriamente come inno nazionale italiano.

Impiegato alle Poste ne fu successivamente allontanato per “scarso rendimento, poiché l’impiegato postale tale Giovanni Gaeta si era assentato assai spesso, in apparenza senza giusti motivi. Successivamente, accertato che Giovanni Gaeta altri non era che il celebre E.A.Mario, fu reintegrato perché tutti erano orgogliosi di lui. E nell’amministrazione postale continuò a “lavorare” per tutta la vita.

Di E. A. Mario ricordiamo anche la famosissima canzone “Tammurriata nera”, della quale compose la musica.

La canzone nacque da una circostanza assai curiosa avvenuta nel 1945. Edoardo Nicolardi, amico di E.A. Mario, nonché dirigente amministrativo del famoso ospedale napoletano Loreto Mare, un giorno vide un particolare trambusto nel reparto maternità. Ciò che suscitò tanta meraviglia fu una ragazza napoletana che aveva partorito un bambino di colore. Il caso però non rimase isolato, vi furono altre ragazze che partorirono bambini frutto di relazioni con soldati afro-americani.

Quando la sera i due amici si ritrovarono a casa di E.A. Mario, (i due, oltre che essere amici e colleghi, stavano per diventare anche consuoceri, poiché Italia, terza figlia di E.A.Mario, doveva di lì a poco sposare Ottavio, figlio del Nicolardi), si resero subito conto della svolta epocale che quel fatto rappresentava ed E.A. Mario esclamò commosso: “È ‘na mamma curaggiosa! È ‘na mamma chiena ‘e core! Edua’, facimmo ‘sta canzone!“. E fu così che sull’onda della commozione, con spirito partenopeo, sull’immediatezza dei versi del Nicolardi, dettati di getto, e l’istintiva melodia di E.A. Mario, nacque quella canzone diventata poi famosa.

E allora…..

Dopo tante chiacchiere ascoltiamo un po’ di musica!

Santa Lucia luntana” è stato un cavallo di battaglia ed una prova d’autore di tantissimi cantanti, tanto che è difficile scegliere tra le interpretazioni.

D’obbligo sarà ascoltare una delle prime versioni, quella di Beniamino Gigli, del 1926 all’indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=6eLayU6-CNQ

Oppure quella del tenore Francesco Albanese del 1948 con l’orchestra EIAR (sarebbe la RAI dell’epoca….):

http://www.youtube.com/watch?v=lhiP7MOtG3o

Ancora un 78 giri: Enzo de Muro Lomanto:

http://www.youtube.com/watch?v=vTJddBH2MEc

Tra le donne non poteva mancare Gilda Mignonette:

http://www.youtube.com/watch?v=WFq1j9xNCjs

Per tornare a versioni più recenti, ecco quella dei “3 Tenori”, Domingo, Carreras e Pavarotti:

https://www.youtube.com/watch?v=PYu85lwj0xw

Non poteva mancare, tra i classici, una voce melodiosa… una chitarra parlante… un ricamo di una canzone: Roberto Murolo e la sua chitarra!

http://www.youtube.com/watch?v=mRtpc0qDg2g

E che dire di Massimo Ranieri live 1974 (spettacolari le foto di accompagnamento…):

http://www.youtube.com/watch?v=sO7q-Zax2bs

Una volta non era considerato….. Ora, rivalutato, è entrato, già da parecchio, tra gli interpreti genuini di Napoli: Mario Merola!

https://www.youtube.com/watch?v=PlY2sjP9xKg

O, se preferite, un’interpretazione dal vivo di Angela Luce nella chiesa di Santa Maria di Piedigrotta, per la festa:

http://www.youtube.com/watch?v=KpwNXUYv9Rs

O di Teresa De Sio:

http://www.youtube.com/watch?v=br8S8eZyo6c

Anche Claudio Baglioni ci si è cimentato:

http://www.youtube.com/watch?v=VOnWBfP_6E0

In questo carosello internazionale non poteva mancare la voice cinguettante di Noà, dal vivo:

https://www.youtube.com/watch?v=DaQIwewMctc

Per chiudere, una magistrale interpretazione di Peppe Servillo:

http://www.youtube.com/watch?v=LP4gb3oktt0

E, vista che l’abbiamo menzionata, una Tammurriata Nera della NCCP (Nuova Compagnia di Canto Popolare) dal vivo: insieme ad altre tammurriate ed interviste nel concerto del 1976 al Mega Festival Nazionale dell’Unità (quando c’era ancora…) a Napoli, alla Mostra d’Oltremare. Io c’ero!

http://www.youtube.com/watch?v=qY2inAEy41Y

OK!

Per oggi basta, Vi ho scocciato anche troppo!

Alla prossima!

E guardate sempre in alto, in tutti i sensi!

Ciao!

 

Raffaele D’Arco (Lello per Voi Amici)

 

dottore@raffaeledarco.it

Castellammare di Stabia (NA)

ITALY

www.raffaeledarco.it

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